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Un po' di storia...

Le origini del vino sono lontanissime, è forse la bevanda più antica del mondo, fino a perdersi nella leggenda. La Bibbia, nella Genesi, racconta che Noè uscendo dall’arca pianta una vigna e produsse vino. Questa è una delle prime testimonianze delle tecniche enologiche e del fatto che erano già conosciute in epoca prediluviana.
Si pensa che la vite sia originaria dell'India, e che poi si sia diffusa in Asia e più tardi in tutto il bacino del Mediterraneo.
Le prime testimonianze documentate dell’attività vincola sono degli antichi Egizi. Già in alcuni geroglifici egiziani risalenti al 2500 a.C. venivano descritte varie tipologie di vino. In alcuni affreschi egiziani ritrovati a Tebe sono riprodotti le fasi della vinificazione, della vendemmia e del trasporto delle uve sino alle imbarcazioni lungo il Nilo. La vinificazione si diffuse più tardi presso gli Ebrei e gli Arabi. I Greci (che destinarono a favore del vino una divinità: Dionisio) portarono la pratica della viticoltura prima in Italia (che chiamavano Enotria, terra del vino) e poi in Europa. Nell’Odissea a Polifemo, viene fatto bere un vino che generalmente veniva diluito con 16 parti di acqua. Dalla Grecia la viticoltura si diffuse in Italia, Francia e Spagna. Durante l’epoca romana la viticoltura si diffuse in Europa. Presso i Romani dopo un iniziale distacco fu così grande l’interesse per il vino che si fecero promotori della diffusione della viticoltura in tutte le province e Bacco entrò nel gruppo delle divinità. Le tecniche vitivinicole vennero perfezionate: i Romani cominciarono a usare barili in legno e bottiglie di vetro contrariamente a quella che era la pratica dei Greci di conservare il vino in anfore di terracotta. A partire dal secondo secolo si cominciò a praticare la coltivazione della vite in Borgogna, nella Loira e nella Champagne. Il declino dell'Impero Romano, segna l'inizio di un periodo di decadenza per il vino, accusato di portare ebbrezza e piacere effimero. A ciò si aggiunse la diffusione dell'Islamismo nel Mediterraneo durante il Medioevo che mise al bando la viticoltura in tutti i territori occupati. Durante il Medioevo il potere assoluto della Chiesa influì fortemente sullo sviluppo della viti-vinicoltura.. Nei Vangeli il vino è elemento presente ed essenziale, dalle “Nozze di Cana” all'ultima cena. Il vino e il pane, nel momento dell'offerta, vengono trasmutati in sangue e corpo di Cristo. La religione Cristiana, avendo bisogno del vino per il compimento del culto, rappresentò in un primo momento la forza di conservazione del poco che era rimasto, per divenire in un secondo momento la forza motrice per lo sviluppo della viticoltura. Il vino divenne per alcuni ordini ecclesiastici quasi una ragione di vita. I monaci portarono avanti la viticoltura e la pratica della vinificazione per produrre i vini da usare nei riti religiosi. I Benedettini, diffusi in tutta Europa, erano famosi per il loro vino e per il consumo non proprio moderato che ne facevano. Quando fu fondato l'ordine dei Cistercensi nel 1112 dall’ex monaco benedettino, Bernardo, fu dato ulteriore impulso al tentativo di produrre vini di alta qualità specialmente in Borgogna. Intanto Bordeaux fa storia a sè, dominata non dal potere ecclesiastico ma da interessi commerciali con l'Inghilterra, sempre più interessata al suo claret o chiaretto. Nella Champagne un monaco benedettino, Dom Perignon, cercava di ottenere un vino perfettamente fermo. Purtroppo i suoi sforzi erano vanificati dal clima e dal terreno che agivano inevitabilmente sul vino facendolo rifermentare nelle bottiglie rendendolo spumeggiante. Nel Rinascimento il vino torna ad essere protagonista della cultura. Nel XVII secolo si sviluppo il commercio del vino grazie alla diffusione dei tappi di sughero e alla riduzione dei costi delle bottiglie. Nel XVII secolo il vino perse il primato di unica bevanda sicura e conservabile a favore di bevande quali cioccolata, tè, caffè e a seguito anche della diffusione della birra e di altri distillati. Ciò spinse i produttori a puntare sulla migliore qualità, accentuando la propensione a rendere i vini più intensi, scuri e fermentati a lungo, per poter competere con i nuovi arrivati. Alla fine del XIX quasi tutti i vigneti d'Europa andarono distrutti o furono gravemente danneggiati a causa della fillossera (Philloxera vastratix o Viteus vitifoliae) un insetto parassita della famiglia degli Afidi, proveniente dall'america del nord, che colpiva le radici della vite europea facendole marcire. I primi vigneti che furono attaccati dalla fillossera furono quelli francesi intorno al 1860, venti anni dopo la fillossera giunse anche in Italia, dove si propagò rapidamente portando sull’orlo dell’estinzione la vite autoctona. La lotta alla fillossera fu condotta attraverso l’utilizzo di varietà americane più adatte a fungere da portinnesto. Furono utilizzate piante innestate in cui l'apparato radicale (portinnesto o piede), resistente alla fillossera, viene fornito da specie americane; mentre la porzione epigea (varietà innestata) appartiene a varietà europee che possedevano una costituzione delle foglie non gradita alla fillossera. L'arrivo in Europa di viti americane ha portato anche all'impianto di ibridi in grado di produrre direttamente uva: si tratta del Clinton e di Isabella (uva fragola). La legge italiana, ne ha vietato l'impianto nel 1931; pur tuttavia a dispetto di tali divieti ancora qualcuno le coltiva e ne vinifica le uve.

L'Italia è un paese con un notevole interesse verso la viticoltura, anche se solo da alcuni anni, sempre più aziende cominciano a lavorare sulla bassa resa per ettaro e quindi sulla qualità applicando anche scelte tecnologiche avanzate in fase di vinificazione. Il potenziale dell'Italia vitivinicola è immenso e le aziende lo hanno capito, così molti vini italiani di eccellente qualità, che non hanno nulla da invidiare ai vini australiani, californiani e francesi, si sono potuti affacciare con grande successo nel mercato mondiale del vino.

La viticoltura in Sicilia

La viticoltura ha avuto sin da sempre un importanza significativa nell’economia siciliana. In Sicilia il vino affonda le proprie radici nella storia. I fenici introdussero la vite in Sicilia e in tutti i paesi del bacino del Mediterraneo facendo dei vini siciliani uno dei prodotti più importanti per i loro scambi commerciali.

Successivamente i greci avviarono in maniera più determinante la pratica della viticoltura che i romani continuarono; anche se la Sicilia rimaneva il granaio dell’impero per quanto era estesa la superficie destinata alla coltura dei cereali. Durante il declino dell’Impero Romano a causa delle avanzate dei barbari, ci fu una prima riduzione della produzione, l’arrivo del bizantino Belisario consentì ai siciliani di continuare a coltivare la vite anche se ancora per poco. Infatti agli inizi del IX secolo gli arabi, durante la loro dominazione, seguendo le leggi del Corano annullarono la produzione anche se non la vietarono del tutto, incrementando anzi, in modo considerevole la produzione del moscato d’Alessandria a Pantelleria, rinomata uva da tavola. Agli arabi fecero seguito i normanni e gli aragonesi. Dal 1773 la produzione di vino registra un considerevole aumento grazie alla commercializzazione su vasta scala del marsala con l’inglese John Woodhouse, commerciante inglese venuto a Marsala, che scoprì le buone qualità del vino siciliano promovendo l’esportazione verso il suo paese. Nel 1880 una spaventosa epidemia di fillossera ridusse la superficie vitata a 175 ha mila dai 320 mila ha, da quel momento in poi non si riuscì mai più a ripristinare tale superficie. La ristrutturazione dei vigneti siciliani fu sostenuta dal Governo Borbonico che creò a Palermo il Vivaio Governativo affidato alla direzione del giovane Federico Paulsen originario di Roma e laureato in Agraria. Il reimpianto delle viti europee innestate su portinnesti americani salvò la vite siciliana da una sicura estinzione. La Sicilia, la più grande isola del Mediterraneo, denominata Trinacria per la sua forma triangolare è un territorio particolarmente predisposto per la viticoltura grazie alla sua conformazione morfologica, la maggior parte montuosa e collinare. I terreni coltivati per produrre il miglior vino siciliano si concentrano per il 65% in collina, per il 30% in pianura e per il restante 5% in montagna; Il clima è mediterraneo più secco e caldo lungo la costa e più mite verso l’ interno. Per lungo tempo sono state coltivate solo le varietà tradizionali per produrre vini di bassa qualità con alti contenuti alcolici. Negli ultimi 10 anni c’è stata una forte inversione di tendenza e gli operatori locali a hanno cercato nuove strade per affermare le grandi potenzialità di questa terra. Attualmente la superficie vitata è di oltre 130000 ha con una produzione annuale di 8.000.000 hl di vino che pone la Sicilia ai primi posti della graduatoria nazionale. Oggi il vino siciliano sfiora un volume d'affari di centinaia di milioni di euro. I vini siciliani rappresentano il fiore all'occhiello nel settore agro-alimentare siciliano. La Sicilia è la regione italiana con il più elevato patrimonio vitivinicolo di tutta la nazione, seguita dalla Puglia e dal Veneto; tra le province che danno vita ai migliori vini siciliani la più importante è Trapani, seguita da Agrigento e Palermo; la Sicilia può contare, per la produzione dei suoi vini, su un patrimonio di quasi 130 mila ettari di vigneti, il 77% dei quali è coltivato ad uva bianca, mentre il restante 23% è riservato alla vite a bacca rossa. La Sicilia è conosciuta, anche, per la produzione di vini dolci e liquorosi quali il Marsala, la Malvasia delle Lipari, il Moscato di Noto e Siracusa il Passito di Pantelleria e lo Zibibbo. Tra i vini siciliani da tavola, ci sono anche il Bianco d'Alcamo, prodotto nelle province di Palermo e Trapani, l'Eloro bianco e rosso, il Delia Nivolelli, l'Etna, il Faro, il Santa Margherita di Belice, il Sambuca di Sicilia. Per i vini siciliani prodotti con uve autoctone a bacca bianca, si coltivano anche qualità come il Cataratto, il Grillo, l'Inzolia, lo Zibibbo, il Moscato Bianco e il Moscato d'Alessandria. Tra gli altri importanti i vini siciliani prodotti con uve a bacca rossa autoctone spiccano il Frappato, il Nerello, il Nero d'Avola, mentre tra quelle internazionali, si ricordano lo Chardonnay, il Cabernet Sauvignon, il Merlot, il Muller Thurgau, il Pinot Nero e il Syrah per giungere alle varietà italiane come il Sangiovese e il Barbera. Molti dei vini siciliani prima elencati vantano il marchio DOCG (Denominazione d'Origine Controllata e Garantita), D.O.C (Denominazione di Origine Controllata) e IGT (Indicazione Geografica Tipica).

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